La classifica dei paesi che risparmiano di più al mondo: l’Italia è molto indietro

Nonostante la diffusione della cultura del risparmio sia spesso considerata un pilastro della stabilità economica di molti Paesi, l’Italia emerge con una posizione sorprendentemente bassa nella classifica delle nazioni più attente a conservare il proprio patrimonio finanziario. Analizzando le rilevazioni più recenti dedicate a questo indicatore, emergono nette differenze tra abitudini, capacità di accantonare risorse, strategia di investimento delle famiglie e struttura socioeconomica nei diversi Stati.

I Paesi con il maggiore tasso di risparmio

I dati aggiornati evidenziano come le prime posizioni in questa peculiare classifica siano saldamente occupate da Paesi dell’Europa Occidentale e del Nord e, in alcuni casi, da economie dinamiche dell’Asia. Secondo una recente indagine del 2023 dedicata ai comportamenti di risparmio degli individui, la Francia spicca al primo posto tra i Paesi più virtuosi, seguita a distanza da altre nazioni europee note per la loro oculatezza nella gestione delle spese domestiche. Tra i grandi risparmiatori figurano spesso Germania, Svizzera, Paesi Bassi e Norvegia, realtà dove l’accumulo di risorse private è non solo più elevato, ma anche sostenuto da sistemi di welfare consolidati e da una forte attenzione alle strategie di investimento personale.

Al lato opposto della classifica si collocano invece alcuni Paesi dell’Est Europa e del Sud Europa. Un caso emblematico è quello della Polonia, che, secondo lo studio di cui sopra, risulta la nazione meno incline al risparmio tra le 25 esaminate, riflettendo un approccio più orientato alla spesa e un’attenzione inferiore alle strategie di conservazione del capitale familiare. Accanto a queste realtà, anche altri Paesi come la Spagna e la Grecia mostrano valori relativamente bassi.

Dati e confronto tra le nazioni più parsimoniose

  • Francia: si posiziona al vertice per abitudine al risparmio, con un punteggio record di 421 punti rispetto agli altri Stati europei.
  • Germania e Olanda: continuano a mantenere uno standard molto elevato, grazie a forte educazione finanziaria e propensione a investire in strumenti sicuri.
  • Svizzera: nonostante una ricchezza pro-capite tra le più alte al mondo, mostra anche una spiccata attitudine all’accumulo, favorita da un sistema finanziario stabile e dalla presenza di importanti centri bancari internazionali.
  • Nord Europa (Norvegia, Svezia, Danimarca): storicamente inclini alla parsimonia, beneficiano di sistemi di welfare generosi e di un contesto macroeconomico favorevole, dove la previdenza e la pianificazione finanziaria sono parte della cultura collettiva.

Questi dati riflettono in buona parte non solo una differenza di mentalità ma anche una maggiore disponibilità di reddito disponibile dopo le spese obbligatorie e una maggiore fiducia nelle istituzioni finanziarie locali. Fattori culturali e le differenze nei sistemi di sicurezza sociale e pensionistica contribuiscono a spiegare le differenze tra singoli Paesi.

La posizione dell’Italia: un ritratto in chiaroscuro

L’Italia, contrariamente a una radicata percezione di popolo risparmiatore, occupa una posizione decisamente arretrata. Secondo la classifica citata, il Belpaese si colloca addirittura al diciassettesimo posto su venticinque nazioni analizzate, ben al di sotto della media europea in termini di abitudine al risparmio personale. Il punteggio attribuito agli italiani in questo studio, -150, è particolarmente preoccupante se confrontato ai 421 punti dei francesi guidano la classifica. Il quadro che emerge evidenzia una crescente difficoltà delle famiglie italiane a mettere da parte risorse, imputabile sia alla contrazione dei redditi disponibili, sia al sensibile aumento dei beni di consumo e dei servizi registrato negli ultimi anni.

Un elemento ulteriore che contribuisce a tale risultato riguarda l’abitudine, o meglio la mancanza, a ricercare offerte e promozioni, soprattutto nel comparto alimentare e degli acquisti ricorrenti. Il 68% degli intervistati dichiara di prestare attenzione alle offerte, quanto il 32% non vi fa caso, un dato che incide in modo significativo sull’indice di risparmio medio nazionale. Se l’attenzione alla qualità e all’origine dei prodotti resta alta, quella al risparmio rispetto al costo si rivela limitata. Un altro fattore da considerare è la scarsa diffusione dell’educazione finanziaria, che ha impedito alla maggior parte degli italiani di maturare competenze adeguate per una pianificazione di lungo periodo.

Motivi strutturali della bassa propensione italiana

  • Bassa crescita dei salari reali e lieve incremento della ricchezza finanziaria rispetto ad altre economie mature.
  • Sistemi di welfare meno protettivi e maggiore incidenza della spesa per servizi essenziali come sanità e istruzione, se paragonati ai Paesi con i più alti tassi di risparmio.
  • Crescente precarietà lavorativa e immobilità generazionale che limitano la capacità di accantonare risorse in giovane età.

Nonostante queste criticità, l’Italia resta comunque tra i principali Paesi in Europa per ammontare totale della ricchezza privata, anche se la sua distribuzione è meno omogenea rispetto a quanto avviene altrove, e la crescita resta poco dinamica rispetto alle economie più avanzate.

Ricchezza e risparmio: differenze tra indicatori e percezioni

Un aspetto fondamentale da sottolineare è la differenza sostanziale tra ricchezza accumulata (stock) e capacità effettiva di risparmiare (flusso). Paesi come la Svizzera o il Lussemburgo, spesso ai vertici delle classifiche per Prodotto Interno Lordo pro-capite e patrimonio medio individuale, figurano ai primi posti anche per la capacità di risparmiare, sostenuti da una elevata redditività degli investimenti e da una tradizione di sicurezza e stabilità finanziaria.

In Svizzera e in altre economie fortemente bancarizzate anche la fiducia nei sistemi finanziari contribuisce ad alimentare la tendenza al risparmio. All’opposto, Paesi ad alto debito pubblico e bassa crescita, come l’Italia e alcuni Stati mediterranei, faticano a costruire una cultura del risparmio strutturato, anche per l’incertezza legata alla sostenibilità dei sistemi pensionistici e alle continue fluttuazioni dell’economia reale.

Significativo è anche il confronto con le economie asiatiche, in particolare Singapore e Hong Kong, che pur registrando una crescita accentuata della ricchezza finanziaria, sono caratterizzati da tassi di risparmio elevatissimi, sostenuti da una forte propensione alla previdenza privata e alla partecipazione a strumenti finanziari avanzati.

Le prospettive future e il ruolo dell’educazione finanziaria

Guardando al futuro, gli analisti sottolineano che la capacità di risparmio rappresenterà un parametro sempre più cruciale per la resilienza delle economie nazionali, soprattutto in scenari di volatilità dei mercati e di crescente instabilità geopolitica. In questo contesto, la formazione finanziaria assume un ruolo centrale: Paesi che investono in percorsi di educazione all’investimento e alla gestione delle risorse mostrano non solo tassi di risparmio più elevati, ma anche una maggiore adattabilità alle crisi congiunturali.

Resta da capire se e come l’Italia riuscirà a colmare il gap rispetto ai Paesi più virtuosi, recuperando capacità di pianificazione sia a livello familiare sia nazionale. La sfida passa dall’accesso alle opportunità formative, da politiche di sostegno al reddito e da una modernizzazione del sistema bancario, elementi che possono aumentare la fiducia e la propensione al risparmio strutturato tra le nuove generazioni.

In sintesi, la classifica dei Paesi che risparmiano di più restituisce la fotografia di un’Europa divisa tra Nord e Sud e un’Italia che, pur affacciandosi tra le principali economie per ricchezza assoluta, continua a pagare uno scotto notevole in termini di cultura del risparmio quotidiano e di preparazione a gestire le sfide finanziarie di lungo periodo.

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