Fototerapia per la psoriasi: ecco i rischi e gli effetti collaterali che il medico ti nasconde

La fototerapia rappresenta una delle principali opzioni di trattamento per la psoriasi nelle forme moderate e gravi, sfruttando la potenza della luce ultravioletta per attenuare le lesioni cutanee e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Tuttavia, questa terapia non è priva di rischi ed effetti collaterali, spesso sottovalutati o poco discussi durante la consulenza medica. È perciò fondamentale essere informati su tutte le possibili conseguenze, dalle reazioni acute a quelle di natura cronica, prima di intraprendere questo percorso terapeutico.

Cos’è la fototerapia e come agisce sulla psoriasi

La fototerapia impiega radiazioni ultraviolette controllate, principalmente UVB a banda stretta (311 nm) e, in specifici casi, UVA combinata con uno sensibilizzante, come lo psoralene (PUVA). Questi raggi agiscono inibendo l’iperproliferazione delle cellule cutanee caratteristiche della psoriasi, modulando anche la risposta immunitaria locale e riducendo il livello generale di infiammazione. Il trattamento viene effettuato in centri specializzati, solitamente per mezzo di cabine equipaggiate con lampade dedicate, e può richiedere diverse sedute a settimana per diverse settimane, a seconda della tipologia e gravità della psoriasi.

Oltre alle UVB (banda stretta), sono utilizzate tecnologie come il laser a eccimeri (emissione a 308 nm) e la luce monocromatica a eccimeri, che consentono di trattare precise aree cutanee, riducendo l’esposizione delle zone sane e minimizzando alcune reazioni avverse. Tuttavia, la fototerapia non può essere praticata da tutti i pazienti: esistono alcune controindicazioni che vanno analizzate scrupolosamente tramite anamnesi e valutazione dermatologica, inclusa la presenza di melanoma o di altre neoplasie cutanee.

Effetti collaterali acuti: reazioni immediate

Durante il trattamento con fototerapia, soprattutto con UVB a banda stretta, si possono manifestare effetti collaterali acuti che, seppur generalmente reversibili, possono impattare sulla sicurezza e sul comfort del paziente:

  • Dermatiti simili a ustioni solari: arrossamento (eritema), prurito, papule e, nei casi più gravi, formazione di vescicole o bolle. Queste reazioni sono causate da una eccessiva esposizione alla luce ultravioletta, spesso dovuta a una sensibilità individuale o a errori nel dosaggio della radiazione.
  • Dolore e bruciore: talvolta si riscontrano sensazioni di dolore locale, associabili alle scottature, soprattutto nelle prime sedute o in caso di sovradosaggio.
  • Cheratite e congiuntivite: la mancata protezione oculare durante la seduta può causare danni alla superficie dell’occhio, con infiammazione corneale (cheratite) o congiuntivale, rendendo indispensabile l’utilizzo di occhiali specifici.

Oltre agli effetti cutanei, vanno segnalate le reazioni sistemiche che possono verificarsi in soggetti predisposti, ad esempio quelli che assumono farmaci fotosensibilizzanti (antibiotici, antimicotici, diuretici), situazione che comporta la sospensione preventiva della terapia per almeno quattro settimane prima di procedere con la fototerapia.

Effetti collaterali cronici e rischi a lungo termine

Se gli effetti acuti possono essere gestiti con una tempestiva sospensione o riduzione delle esposizioni, la fototerapia prolungata comporta rischi cumulativi che devono essere considerati con la massima attenzione. L’esposizione costante alla luce ultravioletta favorisce processi degenerativi e mutageni nella pelle:

  • Fotoinvecchiamento: la pelle sottoposta a numerose sedute di fototerapia sviluppa segni prematuri di invecchiamento, come perdita di elasticità, rughe precoci, macchie solari, alterazione della pigmentazione e ispessimento cutaneo.
  • Fotocarcinogenesi: il rischio più temuto è lo sviluppo di tumori cutanei, incluso il carcinoma basocellulare, il carcinoma spinocellulare e, in rarissimi casi, il melanoma. Questo rischio è più elevato nei pazienti con storia pregressa di tumori cutanei o in quelli con predisposizioni genetiche (come la sindrome di Gorlin o lo xeroderma pigmentoso).
  • Iperpigmentazione e ipopigmentazione: alterazioni del colore della pelle possono persistere a lungo dopo la sospensione del trattamento, influendo sull’aspetto estetico e sulla percezione personale.

La letteratura scientifica riporta come la incidenza di tumori cutanei sia direttamente correlata a numero e intensità delle sedute di fototerapia, soprattutto nell’utilizzo della tecnica PUVA, che impiega lo psoralene come sensibilizzante. I dermatologi valutano perciò con grande attenzione la storia clinica dei pazienti, specialmente in presenza di fattori di rischio oncologico o segmenti cutanei già danneggiati da precedenti esposizioni al sole o terapie analoghe.

Controindicazioni e casi particolari

La fototerapia per la psoriasi non si addice a tutti i pazienti. Alcuni quadri clinici rappresentano controindicazione assoluta o relativa, e richiedono una valutazione personalizzata prima dell’inizio della terapia. Tra i principali:

  • Lupus eritematoso sistemico: la malattia autoimmune stessa, per sua natura, comporta ipersensibilità alle radiazioni UV, esponendo il paziente a reazioni violente e danni cutanei permanenti.
  • Fotodermatiti e eruzione polimorfa solare: soggetti che reagiscono in modo anomalo alla luce UV non devono sottoporsi a fototerapia, tranne rare eccezioni cliniche.
  • Xeroderma pigmentoso e sindrome di Gorlin: patologie genetiche che aumentano di molto la vulnerabilità ai tumori cutanei, rappresentano una controindicazione assoluta.
  • Epilessia, attacchi di panico, claustrofobia: l’ambiente chiuso della cabina di fototerapia e la presenza di fonti luminose intense possono scatenare crisi o reazioni psicologiche acute.

Inoltre, tutti i pazienti che assumono o applicano farmaci fotosensibilizzanti sono candidati a una valutazione dermatologica approfondita. Questi farmaci aumentano la reattività della pelle alla luce UV, amplificando il rischio di reazioni severe e rendendo necessario un periodo di sospensione del principio attivo prima di intraprendere la fototerapia.

È importante sottolineare anche che la terapia di mantenimento, ossia il proseguimento della fototerapia dopo la remissione dei sintomi, può essere efficace nel ridurre le recidive, ma richiede una grande compliance da parte del paziente e comporta una potenziale esposizione prolungata agli effetti collaterali descritti.

Considerazioni finali, monitoraggio e gestione della sicurezza

La fototerapia è una risorsa terapeutica valida per molti pazienti affetti da psoriasi, specialmente nei casi in cui le terapie farmacologiche non siano tollerate o controindicate. Tuttavia, la efficacia deve sempre essere bilanciata con l’attento monitoraggio dei rischi, e una informazione chiara e trasparente sulle possibili reazioni avverse è parte integrante del processo di cura.

Il ruolo del dermatologo è centrale: spetta allo specialista valutare la storia clinica del paziente, le eventuali controindicazioni, la risposta cutanea alle prime sedute e il monitoraggio a lungo termine per cogliere precocemente i segni di fotoinvecchiamento o alterazioni sospette della pelle, che potrebbero sfociare in patologie tumorali. Il paziente, dal canto suo, deve essere informato in maniera esaustiva sui benefici e sugli effetti collaterali, così da poter decidere consapevolmente il percorso terapeutico più adatto alle proprie esigenze e caratteristiche fisiche.

Non esistono segreti o rischi nascosti: i principali effetti della fototerapia sono documentati dalla letteratura dermatologica e i protocolli ospedalieri prevedono sempre la corretta informazione al paziente. La sicurezza e la salute del paziente sono la priorità assoluta e ogni decisione terapeutica deve essere condivisa in modo trasparente e informato.

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